giovedì 20 gennaio 2011

Stazioni spaziali e viaggi nel cosmo

L'esplorazione dello spazio ha, come abbiamo detto, costi molto elevati: basti pensare che il progetto Apollo ha richiesto investimenti pari alla metà del reddito annuo di uno Stato come l'Italia. Lo spazio, comunque, si presta a diverse utilizzazioni, come produzione di leghe speciali e di prodotti farmaceutici, oppure produzione di cristalli ad alto grado di purezza. Il problema principale è di costruire nello spazio grandi strutture, cioè stazioni spaziali. Queste ultime rappresentano l'obiettivo del futuro; la prima realizzazione al riguardo sono state le navicelle Soyuz e Salyut e lo stesso Spacelab. Il Pioneer l0 fu il primo oggetto costruito dall'uomo ad andare nello spazio interstellare ad una velocità di 40.000 km/h. Se esso fosse diretto verso la stella più vicina alla Terra, la Proxima Centauri che dista 4,2 anni/luce, raggiungerebbe la sua destinazione in 112.000 anni. Alcune cifre meritano riflessione: nell'universo i possibili sistemi planetari esistenti assommano, secondo alcune stime, a 40 miliardi e di questi almeno uno su venti potrebbe avere le condizioni idonee allo sviluppo di una forma di vita. Soltanto nella galassia di cui fa parte la Terra si trovano almeno due miliardi di sistemi simili o più grandi del Sistema Solare. Vi possono quindi essere universi retti da leggi fisiche diverse e dove, ad esempio, le dimensioni appaiono differenti. Secondo Hoyle, poiché l'uomo è il più grande predatore della Terra, potrebbe trovarsi ad un certo punto nella condizione di non avere più alcuna risorsa da sfruttare. Sarà allora una necessità cominciare ad esplorare la galassia. Lo spazio, in ultima analisi, sarà il vero obiettivo dell'uomo. Tra i programmi che contemplano la costruzione di navi spaziali, va ricordato il programma Dedalus che prevede di approntare le tecnologie adeguate per costruire un'astronave nel cosmo. Nel 1970 è stato effettuato uno studio di fattibilità dalla British Interplanetary Society con l'obiettivo di inviare un'astronave robot verso la stella Barnard, una nana rossastra che dista dalla Terra sei anni/luce. L'impulso all'astronave è dato da una serie di esplosioni nucleari che porterebbero la velocità del mezzo a circa il 13% quella della luce, cioè a circa 138 milioni di km/h, per cui il raggiungimento della stella dovrebbe avvenire dopo una cinquantina d'anni. L'astronave Dedalus avrebbe un carico valutato in 364.000 kg, cioè cinque volte maggiore del peso dell'attuale stazione americana Skylab. Una volta raggiunta la stella Bamard, l'astronave libererebbe una serie di 17 sonde dotate di strumenti di rilevazione.

 Il progetto presenta molte difficoltà tecniche. Qui ne ricordiamo soltanto una: l'elio, necessario come combustibile, non si trova in pratica sulla Terra e quindi dovrebbe essere estratto dall'atmosfera di Giove oppure prodotto sulla superficie della Luna. Allo stato attuale quest'ultima sembra la soluzione più probabile; essa avverrebbe però con una dissipazione di calore pari all'intero consumo attuale di energia su tutta la Terra e per un periodo di 100 anni. L'astronave Enzmann prevede di raggiungere il 9% della velocità della luce con motori a fusione nucleare e il deuterio come combustibile. Il suo difetto maggiore consiste nell'enorme carico che bisogna darle per metterla in orbita; si calcola che esso sia di 3 milioni di t, valore che può facilmente essere confrontato con quello dello SpaceShuttle che con una portata di 30 t deve bruciare 700 t di combustibile. Un fisico americano, Brussard, ha proposto di utilizzare l'astronave interstellare Ramjet che non ha bisogno di fare il «pieno» prima del lancio in quanto «raccoglie» il carburante mentre viaggia. Essa, infatti, come un enorme aspirapolvere costituito da una torre alta quasi 2 km, risucchia l'idrogeno presente nello spazio cosmico e lo utilizza comecombustibile.Lasuavelocitàdovrebbeesserequella dell'l% rispetto alla luce. Vi sono infine le astronavi relativistiche il cui problema è di conservare l'antimateria  che nei laboratori si conserva al massimo per qualche settimana. L'astronave ad antimateria potrebbe viaggiare anche ad un terzo della velocità della luce e raggiungere, ad esempio, la stella Proxima Centauri in 12 anni. La Mama è un'astronave di questo tipo che per un viaggio su Marte impiegherebbe soltanto due giorni e per il pianeta più lontano del sistema solare, Plutone, circa una settimana. L'astronave a vela è nata dall'idea di un fisico americano, Forward. Si tratta di una gigantesca vela sospinta da un raggio laser. Per far ciò occorrerebbe che alcuni satelliti artificiali in orbita vicino al Sole trasformassero la sua luce in un potentissimo raggio laser sparato in direzione di Saturno. Presso quest'ultimo pianeta, inoltre, dovrebbe esserci una gigantesca lente d'ingrandimento, che intercetterebbe il raggio laser e lo concentrerebbe verso l'orbita di Plutone dove stazionerebbe l'astronave, costituita da un gigantesco disco, largo circa 1000 km. Spinta dalla pressione del laser, la vela comincerebbe a muoversi fino a raggiungere una velocità elevatissima, pari a circa i120% di quella della luce. L'ideatore pensa che questa astronave potrebbe allontanarsi dalla Terra nello spazio fino ad una distanza pari a circa 40 annilluce. La vela è costruita con materiale plastico rivestito di alluminio e del peso di almeno 500 kg. Essa dovrebbe servire a sfruttare la leggerissima pressione dei raggi solari, cioè dei fotoni che la colpirebbero. La velocità sarebbe dapprima lenta, poi via via più sostenuta, in quanto nello spazio cosmico manca l'aria e quindi l'attrito.  Il progetto di lanciare, in occasione dell'anniversario della scoperta dell'America, verso Marte tre navi spaziali che ricordassero le tre caravelle di Colombo, non ebbe però seguito. Già nel 1975 la NASA aveva ideato un progetto, detto Terraforming, che prevedeva di trasformare un pianeta e renderlo simile alla Terra. Il progetto si riferiva a Marte. Dieci anni dopo, e cioè nel 1985, il biologo americano Lovelock suggerì di elevare la temperatura marziana liberando nel pianeta grandi quantità di clorofluorocarburi (Cfc), un gas che favorisce l'«effetto serra». Nel 1991 McKay affermò che a quella della Terra, con nuvole e pioggia, cielo blu e potrebbe essere colonizzato dagli uomini. Nel caso su Marte si trovasse qualche forma di vita McKay dice che «avremmo l'obbligo di aiutare questi organismi ad evolversi». Poiché il Sole, in un futuro lontano, andrà spegnendosi, si pensa di trasferire grandi masse di terrestri utilizzando stazioni spaziali e dando ad esse la caratteristica di veri e propri pianeti artificiali. Si tratterebbe di colonie cosmiche, grandi anche decine di chilometri, con condizioni simili a quelle della Terra per quanto riguarda il clima, la gravità ecc. Queste «colonie» potrebbero, ad esempio, sfruttare le risorse di altri pianeti e quelle degli asteroidi

2 commenti:

  1. idee impressionanti, ma difficili da realizzare. Primo per l indifferenza popolare ai fatti cosmici, secondo per la mancanza di fondi. Comunque c è da sperare che si realizzino. G.framk

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  2. si dovrà prima fare piccoli passi, colonizzando la Luna, che con la sua gravità inferiore può facilitare la costruzione di una grande astronave. poi decollare verso Marte usando una frazione di carburante, rispetto al decollo dalla Terra. Poi utilizzare i metalli degli asteroidi per un arca spaziale tipo Dyson e con l antimateria dei raggi cosmici andare verso altri sistemi stellari. g.frank

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