domenica 6 maggio 2012

La costellazione del Sagittario

Rimaniamo nell’ambito delle costellazioni zodiacali, analizzando stavolta il Sagittario: questa, a differenza della Bilancia, contiene un gran numero di stelle ben visibili in cieli non particolarmente luminosi.

L’arciere all’ora del tè
La costellazione del Sagittario

Ecco una costellazione veramente ricca di stelle, sia quelle visibili ad occhio nudo, sia quelle che compongono la spettacolare Via Lattea che in quella zona è piena di oggetti stellari e del “profondo cielo”: nella direzione della costellazione del Sagittario infatti c’è proprio il centro della nostra galassia. Dalla foto scattata con Stellarium vediamo l’inconfondibile macchia lattiginosa che imbianca una buona parte della costellazione.


Il passaggio del Sole nel Sagittario

 
Sappiamo che il Sagittario è una costellazione zodiacale e che perciò viene attraversata dal Sole: ciò avviene più esattamente nel periodo dell’anno che va dal 18 dicembre al 20 gennaio successivo. Ecco sempre grazie a Stellarium, un fotomosaico che indica il percorso del Sole (l’eclittica) all’interno della costellazione, tra le due date che di anno in anno possono comunque differire di un paio di giorni in più o in meno: questo scostamento è dovuto alle irregolarità del moto orbitale della Terra intorno al Sole, che si ripercuotono pari pari sul moto apparente del Sole sulla sfera celeste, lungo quella linea chiamata appunto eclittica. Se osservate bene il “diagramma con due Soli”, vedrete anche una misteriosa freccia rossa che indica un punto particolare del percorso annuo del Sole, quello in cui l’astro del nostro cielo diurno attraversa la linea immaginaria che traccia la Via Lattea nel cielo, il cosiddetto equatore galattico. Ho evidenziato la parola “annuo” per sottolineare il fatto che in quel punto il Sole ci passa ogni anno (a parte la discrepanza di cui ho parlato in precedenza): sapete in che giorno il Sole si trova in quel punto? Il 21 dicembre. E non vi ricorda nulla quella data, magari associata all’anno 2012? Tra le tante invenzioni che hanno portato alla bufala del 2012, c’è quella che afferma che la tanto farneticata fine del mondo dovrebbe avvenire anche per causa del passaggio del Sole attraverso il piano della galassia in corrispondenza del punto indicato con la freccia. La ridicolaggine legata a questa affermazione si evidenzia proprio per il fatto che il Sole passa per quel punto ogni anno, rendendo dunque il 2012 un anno qualunque.

La costellazione in 3D


L'Applet della costellazione della Bilancia in 3D - thumb
Siamo arrivati al consueto appuntamento con il nostro programma che fornisce una visualizzazione in 3D delle costellazioni: prima di iniziare la rotazione del foglio virtuale, andiamo a vedere la figura ottenuta congiungendo le stelle in modo opportuno e che rappresenta un centauro (metà uomo e metà cavallo) con in mano un arco, nell’atto di scagliare una freccia al “povero” Scorpione che si trova proprio lì accanto. Più recentemente invece (ma non ad opera dell’ormai famoso e compianto H.A.Rey, che abbiamo avuto modo di conoscere ed apprezzare) è stata data della costellazione una raffigurazione molto più moderna e che non c’entra assolutamente niente con un arciere umano per intero o solo per metà che sia… Se premiamo il tasto “f” possiamo veder apparire quasi per magia una figura che rappresenta una teiera (in inglese teapot). Vi assicuro che una volta memorizzata questa immagine, è mille volte più semplice trovare questa costellazione in cielo: è divertente far notare ai nostri amici il manico a sinistra, il coperchio a punta ed il beccuccio sulla destra ed anche stavolta il malcapitato Scorpione riceverà sulla coda un bel getto di tè bollente. Adesso potete capire il perché del titolo del primo paragrafo!
Se iniziamo a ruotare il foglio virtuale che contiene questo raggruppamento stellare altrettanto virtuale, vediamo infatti, accendendo i numeri verdi che rappresentano le distanze delle stelle in anni luce dal Sole, che le stelle come sempre nello spazio tridimensionale appaiono posizionate qua e là assolutamente a caso, soprattutto in profondità. In questo caso sembra esserci un piccolo raggruppamento sotto i 100 anni luce ed un altro tra i 200 e i 350 anni luce. Ma basta ragionare un istante per capire che le stelle componenti questi due gruppi sono assolutamente lontane tra loro, come oramai ci dovremmo essere abituati a riconoscere non appena iniziamo a ruotare il foglio: se ricordate invece nella costellazione del Toro, tanto le Iadi quanto le Pleiadi si vedono subito e molto chiaramente raggruppate a formare infatti due ammassi aperti.

Un po’ di foto


Riuscite a vedere il Sole, al centro
della foto?
Le stelle più vicine in questo caso si trovano a 77 e 78 anni luce dal Sole (Kaus Borealis e ω Sgr), ma alla bellezza di 28 anni luce tra loro. Gli astronomi Kaussiani del Nord vedono il Sole come una stellina di sesta magnitudine, dunque a mala pena visibile anche ai loro tre occhi posti in verticale a mo’ di semaforo. In quella zona del cielo ritroviamo alcune vecchie conoscenze, quali Alnath e Aldebaran del Toro, Betelgeuse e Bellatrix di Orione, nonchè una stella che incontreremo più avanti, Capella, la capretta della costellazione dell’Auriga.
Kaus Borealis da 1 UA
Proprio andando a trovare i nostri amici Kaussiani, è possibile vedere la stella in questione, giallastra, occupare più di 5° del cielo se ci poniamo alla distanza della Terra dal Sole, ad 1 UA. Guardando la foto, leggiamo che la stella ha un raggio pari ad 11 volte quello del Sole: grandicella ma non troppo… Per quanto riguarda invece l’altra stella più vicina (ω Sgr), c’è da dire che il Sole si trova più o meno nella stessa zona del cielo e sempre poco luminosa: in questo caso gli amici Omegasgriani, con il loro forte daltonismo, non se ne preoccupano più di tanto. La loro stella è una nana gialla, appena un po’ più grande, con un diametro pari a 2.8 volte quello del Sole.

Stelle a confronto


Confrontiamo le stelle del Sagittario
La costellazione del Sagittario presenta un certo numero di stelle di grandezza notevole rispetto al Sole: non quei veri giganti che abbiamo incontrato finora, ma stelle di tutto rispetto. Nel diagramma, accanto alle solite stelle che oramai uso sempre come paragone, sono così comparse alcune stelle del Sagittario di buona grandezza e a parte la 62 Sgr e la 24 Sgr (entrambe con un raggio pari a 120x), tutte le altre nella fila in alto sono al di sotto della soglia delle 100 volte il raggio solare e le ho scelte stavolta con un criterio legato alla classe spettrale e le andremo a visitare proprio per poterne apprezzare il colore, oltreché la grandezza.

Altre foto


Galleria immagini Cliccare sull’immagine per visitare
la galleria delle stelle più grandi
del Sagittario (ed il Sole) da 10UA
Cliccando sull’immagine a destra possiamo vedere una galleria delle 7 stelle che io ho scelto tra quelle del Sagittario (con il Sole per ultimo), fotografandole tutte da 10 UA, in modo da poterne paragonare il colore, legato alla classe spettrale, e la grandezza. In particolare ho fotografato:
  • γ1 Sgr : 38x, classe spettrale G0
  • Kaus Media : 71x, classe spettrale K3
  • η Sgr : 50x, classe spettrale M2
  • μ Sgr : 37x, classe spettrale B2
  • ξ2 Sgr : 41x, classe spettrale G8
  • Albaldah (π Sgr) : 22x, classe spettrale F2
  • 62 Sgr : 120x, classe spettrale M4
  • il Sole : 1x, classe spettrale G2
Tornando per un istante al diagramma di comparazione delle grandezze, vediamo che Kaus Media è praticamente grande quanto Rigel, mentre tra le stelle che ho messo del Sagittario, la sola Albaldah è più piccola di Aldebaran: ricordate quando parlavo di questa bellissima stella (nientemento che l’α del Toro) e della sua grandezza? Beh da allora, troppe stelle sono passate sotto il ponte di comando, quello dell’astronave Celestia …

Le rappresentazioni del Sagittario


Siamo arrivati al momento della rappresentazione del Sagittario: ecco l’immagine tratta dall’Uranometria
il sagittario nell’uranometria
quella secondo l’astronomo Hevelius
il Sagittario secondo hevelius
ed infine secondo il programma Stellarium
il Sagittario secondo stellarium
Il francobollo del Sagittario
Come per le altre costellazioni dello zodiaco, a questo punto vediamo il francobollo emesso nel 1970 dalla Repubblica di S.Marino e raffigurante un sagittario pronto a scagliare la propria freccia: si tratta di un francobollo da 70 lire, che per l’epoca non era poco. Avrete notato nelle rappresentazioni pittoriche che il nostro arciere a quattro zampe era molto sicuro delle proprie capacità oppure un po’ sbadato: quella che sta scagliando è la sua unica freccia, in quanto non c’è traccia di faretra. E se il nostro Guglielmo Tell mitologico avesse mancato il bersaglio?

Alcune nebulose fantastiche


All’inizio dell’articolo ho segnalato che in questa costellazione sono presenti tantissimi oggetti del profondo cielo (in inglese suona meglio: deep sky objects), tanto che c’è l’imbarazzo della scelta. Iniziamo da M17, il diciassettesimo oggetto nebulare del Catalogo Messier, la cosiddetta Swan Nebula (nebulosa del Cigno), qui inquadrata dal mitico Hubble Space Telescope, che ne ha rivelato dettagli stupendi.
M17 nel Sagittario
Altro oggetto veramente spettacolare e famoso è la cosiddetta Trifid Nebula (nebulosa Trifida), la ventesima nebulosa del catalogo di Messier (M20), che prende il nome dal fatto che sembra suddivisa in tre parti.
Trifid Nebula (M20) in Sagittario
Chiudiamo la rassegna di foto assolutamente fantastiche con la fantasmagorica Lagoon Nebula (nebulosa della Laguna) nota anche come M8 e dunque uno dei primi oggetti nebulari del catalogo Messier. Data la bellezza delle foto, mi piangeva il cuore ridurle: perciò cliccando sulle tre immagini successive si potrà ammirare ognuna delle foto in grandezza naturale con particolari inverosimili, grazie all’occhio dell’Hubble Space Telescope. Vi suggerisco di mettere a tutto schermo questa pagina in modo che cliccando sull’immagine si apra la corrispondente foto in alta risoluzione.
La Lagoon Nebula nel Sagittario
Quest’altra foto è in pratica il dettaglio della zona in alto a sinistra della precedente foto: se la precedente sembrava ricca di particolari, quest’ultima è così dettagliata che sembra essere lì a poca distanza.
Particolare della Lagoon Nebula nel Sagittario
Chiudiamo infine con una panoramica della nebulosa M8, anche in questo caso ricchissima di stelle e di dettagli che la rendono un’opera d’arte che nessun artista sulla faccia della Terra potrebbe arrivare a concepire!
Panoramica della Lagoon Nebula nel Sagittario

Ma i nomi delle stelle?


Dopo tanta spettacolarità, non ci resta che vedere i nomi delle stelle del Sagittario ed il loro significato:
  • Rukbat (α Sgr): parola araba che significa ginocchio dell’arciere
  • Arkab Prior (β1 Sgr): parola araba che significa il tendine (anteriore) del ginocchio
  • Arkab Posterior (β2 Sgr): parola araba che significa il tendine (posteriore) del ginocchio
  • Alnasl (γ2 Sgr): dall’arabo, la punta della freccia
  • Kaus Media (δ Sgr): dall’arabo, (la parte centrale) dell’arco
  • Kaus Australis (ε Sgr):dall’arabo, (la parte meridionale) dell’arco
  • Ascella (ζ Sgr): dal latino l’ascella (dell’arciere)
  • Kaus Borealis (&lambda Sgr): dall’arabo, (la parte settentrionale) dell’arco
  • Albaldah (π Sgr): dal nome che indica un luogo vuoto
  • Nunki (σ Sgr): dall’antico nome di una città sumera
  • Ain Al Rami (ν1 Sgr): dall’arabo, l’occhio dell’arciere

Quando possiamo osservare la Teiera?


La costellazione del Sagittario è visibile l’estate: alle 21, un orario comodo per chi desidera mostrarla agli amici, è visibile nei mesi che vanno da metà luglio (quando si vedrà bassa sull’orizzonte a SE) fino a fine ottobre (quando stavolta starà per tramontare a SW). Il culmine, con il Sagittario ancora basso sull’orizzonte Sud, si ha invece ai primi di settembre di ogni anno.

venerdì 4 maggio 2012

Il buco nero «divora» la stella

Gli astronomi hanno assistito a un evento che si verifica una volta ogni 10 mila anni in ogni galassia.
Gli astronomi dell’Università Johns Hopkins di Baltimora, sono stati spettatori di un imponente fenomeno cosmico: in tempo reale hanno osservato un buco nero che divora e assorbe una stella e ne hanno ricostruito l'evoluzione a computer (vedi video della Nasa). Gli astronomi si trovano ormai d’accordo che al centro della maggior parte delle galassie si trovino giganteschi buchi neri, pari a milioni di masse solari. Fintanto che non assorbono nessuna materia stellare, i buchi neri si trovano in una sorta di letargo. Tuttavia, se una stella si avvicina troppo a loro, può essere lacerata da un’eccezionale attrazione gravitazionale.

RARO EVENTO - Come riferisce la rivista scientifica Nature, il gruppo di ricercatori coordinato da Suvi Gezari, sono stati testimoni di un evento cosmico raro: una stella, probabilmente una gigante rossa, si è avvicinata troppo a un buco nero ed è stata squarciata per effetti mareali. Edo Berger, del Centro di astrofisica americano Harvard-Smithsonian di Cambridge (Massachusetts), ha spiegato così la scoperta: «Abbiamo assistito in tempo reale alla morte di una stella e alla sua digestione». Simili eventi di distruzione mareale non capitano tutti i giorni. Gli esperti stimano infatti che in ogni galassia se ne verifichi uno ogni 10 mila anni.

IN BALIA DEL BUCO NERO - Ma com’è stato squarciato l'astro? Il malcapitato percorreva un’orbita molto stretta attorno al buco nero; è girato vorticosamente e si è notevolmente riscaldato. Infine, prima di scomparire completamente, ha brillato ancora un’ultima volta. Un vero e proprio «dramma cosmico», riassumono gli studiosi. L'analisi di questo spettacolo - osservato nel 2010 in una galassia a circa 3 miliardi di anni luce di distanza - ha consentito di ottenere informazioni sulla stella in balia del buco nero, ovvero la sua massa, il tipo di stella e in quanto tempo è stata assorbita. Il buco nero risulta essere circa tre milioni di volte più grande del Sole, dunque con una massa pari al buco nero al centro della Via Lattea. Se nella maggior parte dei casi gli scienziati riescono a captare soltanto le fasi conclusive di questi eventi, cioè il bagliore della stella, qui è stato invece documentato il processo sin dalle fasi iniziali. L'analisi della curva di luce ha inoltre permesso di calcolare i tempi esatti in cui è avvenuto questo evento «tragico»: nell'arco di due giorni nella primavera di due anni fa.

INCONTRO FATALE - In base a una scansione spettroscopica sui resti della stella, è stato poi possibile capire la composizione del suo nucleo, composto principalmente da elio. Ciononostante, i ricercatori hanno anche scoperto che la stella aveva già perso in precedenza lo strato esterno di idrogeno. Il che significa: il corpo celeste, a quanto pare, sarebbe entrato in contatto già una volta con un buco nero, sopravvivendo però all’incontro. Il secondo rendez-vous è stato invece fatale, ha sottolineato Ryan Chornock, uno degli studiosi coinvolti nella scoperta.

venerdì 13 aprile 2012

Le stelle si spengono e poi diventano vento

Grazie alla sua composizione chimica, riflette il calore dell’astro morente anziché assorbirlo. Poi vola via generando altra vita. Ecco come il Very Large Telescope montato dagli scienziati sulle Ande cilene ha risolto uno dei misteri dell’universo, l'ultimo segreto dei corpi celesti
di ELENA DUSI

LA VITA inizia quando una stella muore. Non è infatti come una banale lampadina che un astro si spegne alla fine del suo ciclo. L'agonia di una stella è fatta di rigonfiamenti, cataclismi e di un "vento" che assomiglia a un ultimo respiro.

Sono proprio queste correnti, tanto intense quanto misteriose agli occhi degli scienziati, a trasportare in ogni angolo dell'universo i minuscoli grani di materia che nel cuore della stella, nel corso di miliardi di anni, si sono formati. Facendo ripartire quel ciclo che dall'aggregazione dei piccoli grani di materia, grazie alla forza di gravità, porterà alla formazione di nuovi pianeti, nuove stelle e almeno in un caso in tutto il cosmo del fenomeno della vita.

Di quali elementi l'ultimo respiro di una stella sia composto e cosa spinga la polvere di stelle nel suo viaggio lungo il cosmo alla velocità di 10 chilometri al secondo, con un'intensità pari a 100 milioni di volte quella del vento solare cui siamo abituati e per un periodo di circa 10mila anni (privando un astro morente di circa metà della sua massa) sono aspetti ancora pieni di misteri. Su cui una parte di luce è appena stata gettata da quello che è forse il più potente telescopio del mondo, il Very Large Telescope,
installato a 2.600 metri di altezza nel deserto di Atacama in Cile.

"Con la risoluzione di questo strumento riusciremmo a distinguere dalla Gran Bretagna i due fari di una macchina che si trova in Australia" spiegano i ricercatori delle università di Sydney e di Manchester che oggi su Nature pubblicano la loro analisi dell'ultimo respiro di una stella. Grazie alla potenza del Very Large Telescope, gli astrofisici guidati da Barnaby Norris hanno osservato l'alone di polvere che circonda tre astri giunti alla fine del loro ciclo vitale nelle costellazioni dell'Idra, del Dorado e del Leone.
Le tre stelle sono di medie dimensioni. Attraverso il loro stesso processo di tormentato spegnimento passerà una buona parte delle stelle dell'universo, incluso il nostro Sole fra circa cinque miliardi di anni. La "polvere di stelle" scagliata nel cosmo dalle stelle morenti è formata da grani di silicati (non a caso i materiali più diffusi nella crosta terrestre) del diametro di 600 nanometri, o milionesimi di millimetro (leggermente più fini della sabbia di una spiaggia). Si tratta di dimensioni all'apparenza infinitesime, ma in realtà molto superiori alle aspettative degli scienziati. E questo non fa che favorire l'aggregazione dei granelli in vista della nascita di un nuovo pianeta.

Come poi la polvere resista a una temperatura che alla superficie di una gigante rossa si aggira attorno ai 2.700 gradi è spiegato dagli astronomi inglesi e australiani con l'assenza di ferro. Grazie alla sua composizione chimica la polvere di stelle riflette il calore della stella morente anziché assorbirlo. E viene scagliata lontano dalla forza dell'astro senza esserne distrutta.

I dati osservati dal Very Large Telescope sono in accordo con le analisi della polvere interstellare condotte in passato attraverso sonde spaziali. Il risultato spinge Albert Xijlstra, uno degli astronomi dello studio, a spiegare così il fenomeno per cui la morte di una stella porta alla nascita di nuovi astri: "La polvere e i grani che costituiscono il vento riescono a sopravvivere alla stella, e più tardi diventeranno le nubi spaziali nelle quali nuove stelle si formeranno. I grani a loro volta diventeranno i mattoni essenziali per la formazione dei pianeti. La stessa Terra è nata dalla polvere di stelle".

Solo dopo aver lanciato nell'universo i suoi semi, la gigante rossa potrà finalmente spegnersi e acquietarsi, diventando come un gigantesco sasso inerte

Il mistero del «monolite» su Marte

Nero come il blocco di pietra di «2001 Odissea nello spazio». Le teorie degli ufologi. Le spiegazioni della Nasa.

La roccia misura diversi metri d’altezza, è rettangolare e somiglia al leggendario monolite nero di 2001 Odissea nello spazio. Lo strano reperto - ripreso su Marte da una distanza di circa 260 chilometri - è stato scovato da astronomi dilettanti nelle foto ravvicinate del pianeta rosso, scattate qualche anno fa da HiRise, il sensore ottico della Nasa. È la prova dell'esistenza di un'antica civiltà marziana? Eretto dagli alieni per chissà quali ragioni? La risposta dell’agenzia spaziale pare molto più semplice.

SPIEGAZIONE - Continua la serie di «misteri» riguardanti le foto scattate dalla telecamera ad alta risoluzione montata sulla sonda Mars Reconnaissance Orbiter. Sono decisamente intriganti, in realtà pubblicate già tre anni fa su internet dal portale Lunar Explorer Italia. L'oggetto, a quanto pare, perfettamente rettangolare, ricorda tanto i monoliti piantati sulla terra e sulla Luna nel film di Stanley Kubrick. Soprattutto sul web vengono imbastite con un certa frequenza le teorie più stravaganti, ogni volta con nuove affermazioni sensazionalistiche. La natura «artificiale» dell’oggetto osservato avrebbe però una spiegazione molto terrena. Ne parla il sito LiveScience, che cita Jonathon Hill del Mars Space Flight presso l'Arizona State University. Il ricercatore, che per l'agenzia spaziale esamina le foto di pianeti sconosciuti, spiega: l'oggetto in questione è solo un grosso sasso. La sua vicinanza a un dirupo sembra infatti suggerire che si tratti di un pezzo di roccia che si è staccato ed è poi rotolato fino alla posizione attuale. Inoltre, sottolinea Hill, non è nemmeno del tutto rettangolare.

MONOLITE - Lo scienziato sottolinea che la risoluzione della fotocamera (da 40 milioni di dollari, ndr) è troppo bassa per rivelare i dettagli di una roccia di medie dimensioni come questa. «L’oggetto tende a essere rettangolare proprio perché i pixel dell'immagine sono quadrati». Come se non bastasse, la dimensione sarebbe distorta: la presunta altezza del monolite pare esagerata nella foto a causa della posizione del sole. Lo scatto è stato infatti realizzato con il sole molto basso, vicino all'orizzonte. Di conseguenza, il masso getta un'ombra particolarmente lunga. Ciononostante, «complottisti», ufologi o sedicenti esperti, non hanno del tutto torto a definirlo un monolite. La parola arriva dal greco e significa proprio «singola pietra».

Elmar Burchia

Comete si scontrano ogni giorno nel cielo della stella Fomalhaut

L'inferno di ghiaccio distante 25 anni luce dalla Terra fotografato dal satellite Herschel. La temperatura arriva a 200 gradi sotto zero.

Duemila comete al giorno si scontrano nel cielo della stella Fomalhaut: un vero inferno di ghiaccio. Lo ha scoperto il satellite Herschel dell’ESA europea combinando le immagini raccolte dal telescopio Hubble della NASA. Fomalhaut è una giovane stella di appena qualche centinaio di milione di anni (il nostro Sole ha sette miliardi di anni) distante 25 anni luce dalla Terra. Ma è molto più massiccia, circa il doppio del Sole. E’ un mondo, dunque, in formazione che mostra le sue caratteristiche soprattutto se indagato raccogliendo le radiazioni infrarosse che emette.

- 200 GRADI - Già nel 1980 aveva attirato l’attenzione del satellite Iras della Nasa che aveva colto aloni di gas e polveri intorno all’astro. Ma ora Herschel che ha “occhi” più penetranti capaci di vedere in dettaglio ciò che esiste lassù ha fotografato una realtà molto più variegata e turbolenta. Attorno alla stessa che sta evolvendo c’è in effetti un disco gassoso e polveroso molto caldo ma di seguito ne esiste un altro di materiali freddi con una temperatura di duecento gradi sotto lo zero. Questo dista dalla stella-madre circa cento volte la Terra dal Sole (che è di 150 milioni di chilometri) ed è popolato per circa la metà da forme di ghiaccio d’acqua. Il gelido anello assomiglia molto alla fascia di Kuiper che circonda la Terra e nella quale sono presenti milioni di corpi celesti di varie dimensioni: l’ex-pianeta Plutone è uno di questi, ma ce ne sono altri molto più piccoli.

IL FENOMENO - Abbinando le ultime osservazioni con altre effettuate da Hubble, (il quale aveva tra l’altro individuato un pianeta intorno alla stessa stella ma finora non è stato confermato) è stata rilevata la riflessione luminosa di una miriade di particelle piccole anche una frazione di millimetro. Il fenomeno è continuamente alimentato e la conclusione a cui sono giunti gli astronomi, sostenuta in particolare da altre indagini di Hubble, è che sia in atto uno scontro quotidiano di migliaia di comete ghiacciate, circa duemila si è calcolato, dalla cui distruzione derivano i frammenti all’origine della luminosità. «Sono stato realmente sorpreso – ha commentato Bram Acke dell’Università di Leuven in Belgio alla guida della ricerca –. Il ritmo di collisioni è talmente elevato che nella fascia considerata ci deve essere un elevatissimo numero di comete, trillioni di comete, con una massa complessiva corrispondente a quella di oltre un centinaio di Terre». Lo studio, oltre ad essere vasto nei suoi elementi, è estremamente importante perché aiuta a decifrare le prime fasi di formazione di un sistema solare. Questo, infatti, dovrebbe essere l’esito finale di quell’inferno di ghiaccio dal quale potrebbe pure scaturire qualche pianeta ad immagine e somiglianza del nostro globo azzurro.

lunedì 4 luglio 2011

Nuova cometa in avvicinamento

Sequenza di immagini che mostra il moto della
 nuova cometa sullo sfondo delle stelle fisse.
Una nuova cometa è stata recentemente scoperta da un gruppo di astronomi dell’Università delle Hawaii e molto probabilmente sarà visibile ad occhio nudo verso gli inizi del 2013.
La cometa, denominata con la sigla C/2011 L4 (PANSTARRS), è la prima ad essere stata scoperta dal telescopio Pan-STARRS 1 presso l’osservatorio di Haleakala sull’isola di Maui (Hawaii).
Pan-STARRS (Panoramic Survey Telescope and Rapid Response System) è un sistema che, quando sarà completamente funzionante, consisterà di 4 telescopi da 1,80 metri di apertura. Scopo principale di questo progetto, che utilizza sistemi di analisi delle immagini automatici, è quello di scoprire entro la metà del prossimo decennio il 90% degli asteroidi potenzialmente pericolosi per la Terra con dimensioni superiori ai 140 m.
La scoperta è stata fatta nella notte tra il 5 e il 6 giugno e successive osservazioni effettuate con il telescopio CFHT (Canada France Hawaii Telescope) hanno confermato che l’oggetto in lento movimento rispetto allo sfondo delle stelle fisse è effettivamente una nuova cometa.
La C/2011 L4 (PANSTARRS) si trova attualmente ad una distanza dal Sole di circa 1,2 miliardi di km (per confronto, Saturno dista dal Sole poco più di 1,4 miliardi di km) ed è troppo poco luminosa per poter essere osservata ad occhio nudo. Ma nel 2013 la cometa raggiungerà la sua minima distanza dal Sole (perielio), a circa 50 milioni di km (grosso modo la stessa distanza a cui si trova Mercurio), e sarà visibile bassa sull’orizzonte occidentale dopo il tramonto durante il crepuscolo. Non è ancora possibile prevedere quanto sarà brillante in quel periodo. Tutto dipende dal contenuto di ghiacci del nucleo e dal tasso di sublimazione di queste sostanze volatili man mano le temperature aumenteranno con il suo avvicinarsi al Sole.
Da dove arriva? Questo nuovo visitatore delle regioni interne del Sistema Solare proviene molto probabilmente dalla Nube di Oort, l’enorme inviluppo sferico di corpi ghiacciati che circonda il nostro sistema planetario e che rappresenta il “serbatoio” di molte, se non tutte, le comete a lungo periodo. Gli oggetti che formano la Nube di Oort, specialmente quelli più distanti, hanno un debole legame gravitazionale con il Sole e le loro orbite possono essere facilmente perturbate dal passaggio ravvicinato con qualche stella che può verificarsi nel corso del moto del Sistema Solare attorno al nucleo della nostra Galassia. A causa di queste perturbazioni questi piccoli corpi ghiacciati possono essere dirottati nelle regioni interne del nostro sistema planetario.
I periodi orbitali di questi oggetti possono essere anche di centinaia di milioni di anni e dopo il passaggio al perielio riuscire a completare il loro lunghissimo percorso orbitale oppure abbandonare il Sistema Solare e perdersi nello spazio interstellare. C/2011 L4 (PANSTARRS), sulla base dei calcoli orbitali preliminari, ha un’orbita di tipo parabolico, per cui questa potrebbe essere la prima volta che si avvicina al Sole e, dopo questo passaggio, non ritornare mai più a farci visita.

L’ammasso globulare M 5 nel suo splendore

M 5 (conosciuto anche come NGC 5904) è un ammasso globulare situato ad una distanza di circa 25.000 anni luce da noi in direzione della costellazione del Serpente. M 5 è formato da più di 100.000 stelle (secondo alcune stime 500.000) ed almeno un centinaio di queste sono stelle variabili del tipo RR Lyrae.
Le stelle che formano un ammasso globulare come M 5 appartengono alla prima generazione, sono legate gravitazionalmente tra di loro ed orbitano attorno al centro dell’ammasso, il quale, a sua volta, orbita attorno al nucleo della Via Lattea. Finora si conoscono circa 160 ammassi globulari appartenenti alla nostra Galassia, alcuni formati da un milione di stelle, i quali sono distribuiti in un alone a simmetria grosso modo sferica che avvolge il nucleo e il disco della Via Lattea.
Immagine dell’ammasso globulare M 5 ottenuta
recentemente dal telescopio spaziale Hubble. ESA/NASA
La forma di M 5 è abbastanza ellittica e la sua età è stimata in circa 13 miliardi di anni; si pensa che sia uno degli ammassi globulari più vecchi. Il suo diametro apparente è di circa 17 primi d’arco (poco più della metà di quello della Luna), mentre quello reale è di circa 130 anni luce. M 5 si sta allontanando da noi a circa 50 km/s (180.000 km/h).
Le stelle degli amassi globulari si formano tutte dalla stessa nube molecolare e invecchiano tutte insieme. Le più massicce tra queste stelle terminano il loro ciclo evolutivo rapidamente, esaurendo il loro combustibile nucleare in meno di qualche milione di anni, e terminano la loro vita con spettacolari esplosioni di supernovae. Questo processo avrebbe dovuto lasciare all’interno del ammasso M 5 soltanto stelle vecchie di massa molto bassa, che quindi hanno impiegato molto tempo per evolversi diventando giganti rosse.
Eppure, grazie alle immagini ottenute dal telescopio spaziale Hubble, è stato possibile intravedere molte giovani stelle blu all’interno di questo ammasso, nascoste tra le stelle molto più antiche. Si pensa che queste stelle giovani, chiamate blue stragglers (“ritardatarie blu”, in italiano), sono state create o da collisioni stellari o da un trasferimento di massa tra una stella e l’altra appartenenti ad un sistema binario. Questo tipo di eventi è facile da immaginare in una popolazione così densa come questa, in cui entro una distanza di pochi anni luce si trovano concentrate fino a qualche milione di stelle.

Di Mario Di Martino Pubblicato 6 maggio 2011

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