Dei buchi neri si è molto parlato in questi ultimi anni, soprattutto grazie allibro di Hawking (1988), che li pone alla base di alcuni processi fondamentali dell'universo. Per poter comprendere cosa sono, è necessario fare un passo indietro e parlare della luce. Un tempo si riteneva che essa si propagasse soltanto per onde e non per particelle, per cui sfuggiva completamente alla forza di gravità. Con la meccanica quantistica si instaura la dualità onda-particella e in tal modo anche la luce viene ad essere soggetta alla gravità. Il fenomeno era stato ipotizzato però già nel 1783 quando Mitchell, un docente inglese, sostenne che una stella avente massa e densità adeguatamente grandi avrebbe dato luogo ad un campo gravitazionale tale che la luce da essa emessa non sarebbe potuta apparire. Ogni raggio emesso dalla stella sarebbe stato trascinato indietro dall'attrazione gravitazionale della stessa, che pertanto non si sarebbe potuta vedere e sarebbe stata quindi nera. In sostanza quando una stella di massa grande si contrae entro un raggio, detto critico, il suo campo gravitazionale in superficie questo campo diventa così intenso che il cono di luce che essa proietta nello spazio viene piegato verso l'interno, per cui non può evadere. Questo è il buco nero entro il quale tutto viene trascinato e niente può raggiungere un osservatore lontano. Il confine del buco nero è noto come orizzonte degli eventi e coincide con la traiettoria dei raggi di luce che sono quasi sul punto di sfuggire. Per comprendere meglio il fenomeno vale un esempio da fantascienza. Un astronauta viaggia vicino ad una stella in collasso che invia un segnale captato regolarmente finché la stella non si contrae al di sotto del raggio critico per cui il segnale che emette non viene più recepito dall'astronauta: la stella è diventata un buco nero. L'astronauta osserva soltanto che i tempi di arrivo dei segnali vanno allungandosi per poi cessare del tutto. La stella inoltre dapprima brillante si fa sempre più rossa e sempre più debole finché non è più visibile. Poiché all'esterno del buco nero non si vede né si sente nulla è stato coniato da Penrose il termine di «censura cosmica» che avverte gli osservatori esterni della presenza di un buco nero. E difficile, a parte il discorso fantascientifico, identificare un buco nero. Hawking (1988) al riguardo dice che è come «cercare un gatto nero in una carbonaia» e poiché esso esercita una forza gravitazionale elevata sugli oggetti vicini è stato trovato, ad esempio, nel Cygnus X-l, dove si ha un sistema di due stelle che orbitano attorno ad un baricentro comune attratte ognuna dalla forza di gravità dell'altra. Di queste due stelle una sola è visibile, in quanto essa orbita attorno alla compagna invisibile. Il buco nero si comporta come una membrana unidirezionale. Andare dentro è possibile, uscirne no. E la regione di confine dello spazio- tempo da cui non si può evadere. Si ritiene che il numero dei buchi neri nell'universo potrebbe essere superiore addirittura al numero delle stelle visibili, per cui nella sola Galassia se ne avrebbero circa 100 miliardi. Forse buchi neri potrebbero essersi formati nella prima fase di vita dell'universo da masse stellari piccole; in base a ciò alcuni ritengono che inizialmente l'universo avrebbe potuto essere omogeneo. Questi buchi neri iniziali vengono detti «primordiali». Particolare attenzione è stata dedicata al fenomeno dal fisico Wheeler (1993) che ritiene il buco nero come prodotto della densità raggiunta dalla materia in seguito all'enorme pressione esercitata dall'esterno, similmente a quanto accade in una bomba nucleare all'idrogeno. Wheeler calcolò che se si estraesse da tutti gli oceani l'acqua pesante, si potrebbe costruire una bomba a idrogeno in grado di comprimere la materia al suo centro in modo tale da creare un buco nero.
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